IMU: le ragioni di una scelta

Pubblico la risposta formulata in relazione ad alcune critiche emerse da qualche commerciante sulla scelta di fissare l’aliquota ordinaria (per altri immobili) all’ 1%.

L’articolo è “umanamente” comprensibile se si sceglie di guardare le cose da una prospettiva individualista, ossia se, di fronte a un problema, si applica un approccio che tiene conto, quasi esclusivamente, di propri interessi particolari, senza sforzarsi di elaborare una visione olistica, ossia svolgere una valutazione di carattere generale, che tenga conto di tutti i fattori e le problematiche collettive; approccio, che ritengo necessariamente, più complicato ma doveroso da parte di un’amministrazione chiamata a governare una realtà complessa ed eterogenea, come quella di un Comune.

Ritengo la posizione dell’amministrazione sufficientemente chiara e ragionevole: la scelta fatta a febbraio (!) di non gravare il peso sulla prima casa, con l’applicazione dell’aliquota minima, fissata dallo Stato, dello 0.4%, e lo spostamento del baricentro fiscale su seconde case ed altri immobili, all’1%, è stata confermata. Il Consiglio Comunale (con la SOLA esclusione dei 4 consiglieri del PdL) ha approvato la delibera di determinazione delle aliquote IMU, dimostrando che sul punto vi è stata una condivisione trasversale, al di là dei singoli confini di partito, perché evidentemente la scelta, di come distribuire il carico fiscale sui soggetti passivi d’imposta, è stata ritenuta apprezzabile.

Occorre ricordare, tanto per dare il quadro complessivo, e non parziale, della situazione IMU, che con la delibera di ottobre l’amministrazione ha cercato di prestare particolare attenzione alla dimensione sociale, prevedendo una serie di riduzioni di aliquota significative: lo 0.3% per soggetti disabili ai sensi della L.104/92, lo 0.4% per i proprietari di unità immobiliari in cooperativa a proprietà indivisa (parificando il trattamento di questi soggetti con quello dei proprietari di prima casa), lo 0.76% per gli alloggi ATC e lo 0.76% per i contratti di locazione agevolata ai sensi della L.431/98. Sono poi stati assimilati all’abitazione principale, con l’applicazione della relativa aliquota, gli immobili, non locati, di anziani e disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero e case di cura, e le unità immobiliari, sempre non locate, dei cittadini italiani ma residenti all’estero. Infine è stato previsto che gli immobili posseduti dalle ONLUS beneficiano di un’esenzione totale, come quelli utilizzati dalle istituzioni riordinate in aziende pubbliche di servizi alla persona, ed è stata anche prevista una riduzione del 50% per gli esercizi commerciali se situati in zone soggette a lavori pubblici che si protraggono per oltre sei mesi.

La valutazione di una riduzione di aliquota sugli immobili produttivi è stata presa in considerazione ma non è stata poi formalizzata per due ordini di ragioni: la prima, sostanziale, di natura economica, dato che i tagli statali di quest’anno sono stati fortemente impattanti (e ancor di più lo saranno quelli previsti per il 2013 che costringeranno a scelte ancora più difficili), e la seconda, motivata dal fatto che sulle 28mila posizioni esistenti abbiamo constatato che dei 500 immobili produttivi quasi la metà degli stessi appartengono ad un numero di soggetti che si conta sulle dita di una mano… e che pertanto la previsione di un’aliquota agevolata avrebbe significato uno sconto immotivato (principalmente) a quei pochi proprietari immobiliari, e non tanto ai negozianti-affittuari che vi operino dentro.

Fermo restando che delle scelte dovevano essere fatte, è giusto considerare anche il difficile quadro all’interno del quale l’amministrazione si è trovata ad operare. Se avessimo avuto risorse sufficienti avremmo ridotto le aliquote per tutti i soggettivi d’imposta, ma la realtà, invece, è un’altra: lo Stato costringe il Comune a fare l’esattore per conto proprio, approva un’imposta reale municipale ma poi l’80% di quel gettito finisce nelle casse statali, non dando al Comune alcuna possibilità di auto-regolare quel flusso, riversandolo sul territorio, in termini di maggiori servizi o di un alleggerimento fiscale; anzi i trasferimenti vengono ridotti sempre di più, e pur non ritenendo questo, in termini assoluti, un problema, lo diventa nel momento in cui un taglio, di centinaia di migliaia di euro, ti viene comunicato 10 giorni prima del Consiglio, come in questo caso.
Forse una tale situazione non incide pesantemente, e in negativo, sull’autonomia e sulle capacità di programmazione dell’ente?
Un taglio così significativo (come quelli ulteriori di queste settimane!), comunicato alla fine di ottobre, ossia quando mancano due mesi alla conclusione dell’esercizio finanziario, non mette l’ente ancora più in difficoltà?

Ciò nonostante l’amministrazione ha fatto le sue scelte, e approvato numerose riduzioni fiscali: certo, tutto è perfettibile ma gli sforzi non sono di certo mancati. Infine voglio fornire un ulteriore elemento di valutazione, a dimostrazione del fatto la scelta effettuata dall’amministrazione di Beinasco non può essere (se non incongruamente) bollata come una scelta irrazionale o stravagante, poiché si può dire che rispecchi la media di tutte le scelte effettuata dai Comuni limitrofi: ad esempio anche Grugliasco e Rivalta, come noi, hanno applicato l’aliquota ordinaria all’1%, Piossasco ha dovuto alzare significativamente entrambe le aliquote, prevedendo per la prima casa il 0.5% e il 0.9% sugli altri immobili, Orbassano ha alzato progressivamente entrambe le aliquote, 0.45% e 0.83 %, Nichelino e Collegno hanno tenuto fermo lo 0.4% sulla prima casa e alzata quella ordinaria, rispettivamente dello 0.9% e 0.89%, senza contare poi Torino, che ha addirittura spinto al massimo entrambe le aliquote, portandole allo 0.575% e 1.06%.

Mi rendo conto che per fare delle analisi autorevoli si debba ragionare, anche e soprattutto, sulle singole specificità territoriali (per questo non amo l’approccio comparativista in una discussione online), ma ritengo che tutti gli elementi forniti vadano nella direzione di dimostrare all’autore della lettera (non firmata?) che l’amministrazione ha operato cercando di prestare la massima attenzione alle istanze di tutti i contribuenti, fermo restando l’imperativo di rispettare sempre l’equilibrio di bilancio del Comune, all’interno di quell’instabile quadro normativo, cui ho fatto sopra riferimento.