Di Pietro a Natale lo aveva detto… “col diavolo non si può dialogare”. Io ci ho provato perché ritengo che quando in gioco ci siano valori e interessi portanti di una struttura democratica non solo si possa, ma anzi si debba, dialogare con tutte le forze del panorama politico.
Nel caso di specie, parliamo della modifica del regolamento del Consiglio comunale.
Senz’altro l’atto più importante dopo lo Statuto, deputato a disciplinare le regole di funzionamento dell’assemblea consiliare.Ho cercato, sin dall’inizio dei lavori in commissione, di raggiungere un risultato che fosse condiviso in modo trasversale ed unanime da parte dell’intero consiglio (così come in passato era avvenuto per il regolamento delle riprese audiovisive) e fino alla fine immaginavo che l’obiettivo potesse essere centrato.
In sintesi tutta la vicenda si snoda sull’emendamento dell’articolo 24, quello concernente i diritti di iniziativa dei consiglieri. Nell’arco di questo primo anno è successo, in due occasioni, che l’opposizione presentasse blocchi di 1500 emendamenti, di carattere puramente formale, per bloccare i lavori del consiglio (es. sostituire la , con il ; oppure sostituire e con ed et similia).
Ma prima di proseguire vorrei chiarire un principio politico fondamentale: l’ostruzionismo, come strumento dell’opposizione, non può essere negato, è un’opportunità democratica che deve essere riconosciuta alla minoranza. D’altra parte questo diritto di libera manifestazione del pensiero deve trovare bilanciamento con l’opposto diritto della maggioranza a governare, senza battute d’arresto volutamente strumentali (nel parlamento, ad es., questo diritto viene garantito dall’apposizione della fiducia sul testo di legge).
Si doveva lavorare dunque per trovare il giusto punto di equilibrio tra le due esigenze contrapposte.
La proposta avanzata in prima battuta dal partito democratico era quella di accorpare tutti gli emendamenti di carattere formale in un’unica votazione ma dopo una serie di discussioni si è ritenuto più opportuno sviluppare una proposta diversa: quella di ridurre l’intervento di discussione sugli emendamenti con proposte di variazione di limitata entità da 5’ ad 1’.
Preciso che la riduzione temporale interessava solo gli emendamenti di carattere formale e strumentali e non anche quelli di merito o sostanziali (in altre parole ciascun consigliere ha pieno diritto a presentare un emendamento, per 5’, sul merito della delibera, per es. per scegliere di destinare 1000 anziché 2000, ma avrà 1 solo minuto, al posto dei 5’ originari, per presentare emendamenti in cui la modifica richiesta riguarda la variazione della punteggiatura o della grammatica!).
Occorre poi sottolineare che questa modifica non incide in alcun modo sul numero di emendamenti presentabili. L’opposizione può continuare a presentare quanti emendamenti, anche formalistici, voglia, e questo dimostra che non è stato affatto compresso il diritto democratico di libertà di pensiero. A ben vedere questa modifica non cambia proprio nulla: se prima si potevano, ad es., presentare 10 emendamenti e parlare per ciascuno di essi 5’ occupando 50 minuti, anche ora si possono occupare lo stesso numero di minuti, semplicemente presentando 50 emendamenti da 1’ ciascuno (senza considerare che stiamo parlando sempre dei punti e delle virgole, e non della sostanza dell’atto).
Si era raggiunto un compromesso maturo tra le parti, tant’è che nella commissione dell’8 luglio questa proposta riceveva in commissione la votazione favorevole del gruppo di minoranza Vivi Beinasco e di 1 consigliere, su 2, dello stesso Popolo delle Libertà (oltre quello dell’intera maggioranza). Poi in una commissione ancora successiva si esprimerà favorevolmente anche il consigliere della Lega Nord, riconoscendo la correttezza del lavoro svolto in commissione.
L’incredibile si materializza in consiglio: il gruppo del PdL decide di abbandonare l’aula e si assenta per tutta la durata del consiglio restante. Scelta quanto mai teatrale e ingrata. Sin dall’inizio dei lavori, i commissari del PdL hanno palesato l’intenzione di ritardare, quanto possibile, la discussione sull’art. 24, presentando emendamenti strumentali e ripetitivi sul primo blocco di articoli. L’intenzione era appunto quella di bloccare o ritardare i lavori di commissione il più a lungo possibile: infatti delle 11 sedute totali, ne abbiamo fatte 9 sui primi 24 articoli e 2 sui restanti 50artt. (infatti dopo la discussione e il ‘presunto’ accordo sull’art.24 il gruppo del PdL non presenterà più nessun emendamento).
Io, in qualità di presidente di commissione, avevo l’obbligo istituzionale di dare la parola ai commissari che ne facevano richiesta, per tutta la durata dei lavori ho cercato di agire nel modo più democratico possibile ma mi sono reso conto che questo comportamento è stato utilizzato strumentalmente a gioco della manovra ostruzionistica posta in essere dal PdL. Dopo averli assecondati per dieci sedute, in cui hanno presentato emendamenti ostruzionistici, accusano la maggioranza di essere liberticida e antidemocratica, senza un minimo di ritegno morale.
E’ impossibile dialogare con questo PdL di Beinasco. Il risultato è stato quello di essersi ritrovati in un’impasse dove ipocrisia e immaturità hanno prevalso. Ma poco male, si dice che il tempo è galantuomo perché ristabilisce la verità e ripara i torti: basterà attendere per far emergere le contraddizioni e vedere ricompensati i propri sforzi.