Assegni di studio per libri di testo e trasporto

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Il contributo regionale “Assegno di studio per spese di libri di testo, attività integrative previste dai piani dell’offerta formativa, trasporti” (di seguito denominato assegno), è erogabile ad ogni studente residente in Piemonte, frequentante nell’anno scolastico 2011/2012 la scuola primaria o secondaria di primo e secondo grado nelle Istituzioni scolastiche statali e paritarie facenti parte del sistema nazionale di istruzione ed i corsi di formazione professionale organizzati da Agenzie formative accreditate ai sensi della legislazione vigente e finalizzati all’assolvimento dell’obbligo formativo (conseguimento qualifica triennale).

L’attribuzione degli assegni è effettuata scorrendo la graduatoria fino all’esaurimento delle risorse economiche stanziate all’uopo con la legge regionale di bilancio.

L’identificazione del nucleo familiare di riferimento e la situazione reddituale sono determinate secondo l’indicatore I.S.E.E.

Possono presentare la domanda :
• Uno dei genitori del figlio studente residente in Piemonte;
• In caso di assenza dei genitori chi esercita la patria potestà sullo studente residente in Piemonte;
• Lo studente maggiorenne, residente in Piemonte

Le domande devono essere presentate con le modalità definite da ogni Comune sede di Istituzione scolastica, entro il termine perentorio del 31 maggio 2012, al Comune sede dell’Istituzione scolastica autonoma della scuola frequentata dallo studente per il quale si chiede il contributo.

SCARICA GLI ALLEGATI CLICCANDO IL LINK QUI SOTTO:
http://www.regione.piemonte.it/entilocali/files/DD118.zip

Anche a Beinasco REFERENDUM!!!

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Dopo circa un anno di lavoro e alcune battute d’arresto posso finalmente dire che… ci siamo!
In qualità di Presidente della competente commissione, posso affermare che nonostante tutto si sia lavorato bene e raggiunto un importante traguardo per il nostro Comune.
Ho impostato sin dall’inizio i lavori della Commissione in modo tale che si raggiungesse un risultato unanimemente condiviso, volevo fortemente che questo atto regolamentare venisse approvato da TUTTI i consiglieri, proprio perché ritengo che gli atti che ineriscono direttamente il funzionamento della macchina comunale non possano essere una mera espressione maggioritaria della forza di governo quanto piuttosto il frutto di condivisione unanime e trasversale tra tutte le forze rappresentanti la collettività cittadina.
Ho preso ad esempio, senza pretese di esservi paragonato, quel fulgido momento di responsabilità e dovere istituzionale (biennio 46-48) in cui i nostri padri costituenti sono riusciti a costruire una carta costituzionale esemplare e per giunta condivisa da anime politiche assolutamente distanti (cattolici, liberali, comunisti, socialisti etc).
L’art. 31 dello Statuto prevedeva una prima e parziale disciplina dell’istituto ma di fatto è rimasta lettera morta e il dispositivo statutario non è mai stato attuato, senza che nessuno se ne accorgesse per tutti questi 20 anni!

Con questo spirito è nato il lavoro sul regolamento del referendum, che individua tre modalità:
consultivo col quale si possono sottoporre agli elettori fino a un massimo di tre
proposte di soluzione; abrogativo con cui si può sottoporre agli elettori l’abrogazione di atti deliberativi di rilevanza generale; e propositivo con cui si può deliberare l’inserimento di atti amministrativi generali all’interno dell’ordinamento comunale.
L’istanza referendaria dovrà essere sottoscritta in prima battuta da almeno 120 elettori del Comune, che andranno a costituire il Comitato promotore (art.3); a quel punto il Collegio degli Esperti, organo tecnico eletto a maggioranza qualificata dal Consiglio, operante a titolo gratuito, sarà incaricato di vagliare l’ammissibilità e la regolarità formale dell’istanza, che approvata diventerà a tutti gli effetti l’oggetto formale del referendum comunale. A questo punto dovranno essere predisposti i banchetti per raccogliere nei 75gg previsti le firme di almeno il 10% dei votanti beinaschesi, ottenute le quali, ai sensi dell’art. 10, “entro il mese di maggio di ogni anno, il Sindaco dovrà indire il referendum da tenersi in una delle giornate di domenica dei mesi di giugno e/o ottobre di ogni anno, accorpando in unica data le proposte di referendum dichiarate legittime e ammissibili nel corso della medesima tornata elettorale”.
Infine “la proposta sottoposta al referendum s’intenderà approvata se alla votazione ha partecipato almeno il cinquanta per cento più uno degli aventi diritto al voto e si sia raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi” (art.13).

Come ho specificato anche in Consiglio, sul punto specifico, la mia posizione era differente infatti, nella commissione di marzo, avevo proposto l’abbassamento del quorum deliberativo, ad una percentuale comunque non superiore al 30% in modo da incentivare la partecipazione cittadina alla politica locale e per dare un forte segnale di coraggio ma come scritto e dimostrato in questo precedente articolo l’indicazione maggioritaria da parte del PD e del PDL (escludendo praticamente solo il sottoscritto) è stata quella di parificare la soglia del quorum deliberativo a quella standard del 50%+1 dei votanti. E allora proprio in quell’ottica di raggiungere un risultato unanime ho deciso di fare io un passo indietro per farne tutti insieme uno avanti e raggiungere il risultato unanime nel Consiglio di ieri sera.

Regolamento del Referendum Comunale di Beinasco – definitivo e approvato nel consiglio comunale del 30/11/2011

Questo regolamento dota, d’ora in avanti, il cittadino di Beinasco di un nuovo e importante strumento di democrazia diretta con cui far sentire la propria voce e indirizzare le scelte dell’Amministrazione, non solo il giorno delle votazioni politiche ma anche incidentalmente nel corso del mandato, qualora i politici si dimenticassero le ragioni per cui sono stati eletti!

Bene, un altro obbiettivo è stato raggiunto e ora.. si continua!

Sulla modifica al regolamento consiliare

Di Pietro a Natale lo aveva detto… “col diavolo non si può dialogare”. Io ci ho provato perché ritengo che quando in gioco ci siano valori e interessi portanti di una struttura democratica non solo si possa, ma anzi si debba, dialogare con tutte le forze del panorama politico.
Nel caso di specie, parliamo della modifica del regolamento del Consiglio comunale.
Senz’altro l’atto più importante dopo lo Statuto, deputato a disciplinare le regole di funzionamento dell’assemblea consiliare.Ho cercato, sin dall’inizio dei lavori in commissione, di raggiungere un risultato che fosse condiviso in modo trasversale ed unanime da parte dell’intero consiglio (così come in passato era avvenuto per il regolamento delle riprese audiovisive) e fino alla fine immaginavo che l’obiettivo potesse essere centrato.
In sintesi tutta la vicenda si snoda sull’emendamento dell’articolo 24, quello concernente i diritti di iniziativa dei consiglieri. Nell’arco di questo primo anno è successo, in due occasioni, che l’opposizione presentasse blocchi di 1500 emendamenti, di carattere puramente formale, per bloccare i lavori del consiglio (es. sostituire la , con il ; oppure sostituire e con ed et similia).

Ma prima di proseguire vorrei chiarire un principio politico fondamentale: l’ostruzionismo, come strumento dell’opposizione, non può essere negato, è un’opportunità democratica che deve essere riconosciuta alla minoranza. D’altra parte questo diritto di libera manifestazione del pensiero deve trovare bilanciamento con l’opposto diritto della maggioranza a governare, senza battute d’arresto volutamente strumentali (nel parlamento, ad es., questo diritto viene garantito dall’apposizione della fiducia sul testo di legge).
Si doveva lavorare dunque per trovare il giusto punto di equilibrio tra le due esigenze contrapposte.
La proposta avanzata in prima battuta dal partito democratico era quella di accorpare tutti gli emendamenti di carattere formale in un’unica votazione ma dopo una serie di discussioni si è ritenuto più opportuno sviluppare una proposta diversa: quella di ridurre l’intervento di discussione sugli emendamenti con proposte di variazione di limitata entità da 5’ ad 1’.

Preciso che la riduzione temporale interessava solo gli emendamenti di carattere formale e strumentali e non anche quelli di merito o sostanziali (in altre parole ciascun consigliere ha pieno diritto a presentare un emendamento, per 5’, sul merito della delibera, per es. per scegliere di destinare 1000 anziché 2000, ma avrà 1 solo minuto, al posto dei 5’ originari, per presentare emendamenti in cui la modifica richiesta riguarda la variazione della punteggiatura o della grammatica!).

Occorre poi sottolineare che questa modifica non incide in alcun modo sul numero di emendamenti presentabili. L’opposizione può continuare a presentare quanti emendamenti, anche formalistici, voglia, e questo dimostra che non è stato affatto compresso il diritto democratico di libertà di pensiero. A ben vedere questa modifica non cambia proprio nulla: se prima si potevano, ad es., presentare 10 emendamenti e parlare per ciascuno di essi 5’ occupando 50 minuti, anche ora si possono occupare lo stesso numero di minuti, semplicemente presentando 50 emendamenti da 1’ ciascuno (senza considerare che stiamo parlando sempre dei punti e delle virgole, e non della sostanza dell’atto).

Si era raggiunto un compromesso maturo tra le parti, tant’è che nella commissione dell’8 luglio questa proposta riceveva in commissione la votazione favorevole del gruppo di minoranza Vivi Beinasco e di 1 consigliere, su 2, dello stesso Popolo delle Libertà (oltre quello dell’intera maggioranza). Poi in una commissione ancora successiva si esprimerà favorevolmente anche il consigliere della Lega Nord, riconoscendo la correttezza del lavoro svolto in commissione.

L’incredibile si materializza in consiglio: il gruppo del PdL decide di abbandonare l’aula e si assenta per tutta la durata del consiglio restante. Scelta quanto mai teatrale e ingrata. Sin dall’inizio dei lavori, i commissari del PdL hanno palesato l’intenzione di ritardare, quanto possibile, la discussione sull’art. 24, presentando emendamenti strumentali e ripetitivi sul primo blocco di articoli. L’intenzione era appunto quella di bloccare o ritardare i lavori di commissione il più a lungo possibile: infatti delle 11 sedute totali, ne abbiamo fatte 9 sui primi 24 articoli e 2 sui restanti 50artt. (infatti dopo la discussione e il ‘presunto’ accordo sull’art.24 il gruppo del PdL non presenterà più nessun emendamento).
Io, in qualità di presidente di commissione, avevo l’obbligo istituzionale di dare la parola ai commissari che ne facevano richiesta, per tutta la durata dei lavori ho cercato di agire nel modo più democratico possibile ma mi sono reso conto che questo comportamento è stato utilizzato strumentalmente a gioco della manovra ostruzionistica posta in essere dal PdL. Dopo averli assecondati per dieci sedute, in cui hanno presentato emendamenti ostruzionistici, accusano la maggioranza di essere liberticida e antidemocratica, senza un minimo di ritegno morale.

E’ impossibile dialogare con questo PdL di Beinasco. Il risultato è stato quello di essersi ritrovati in un’impasse dove ipocrisia e immaturità hanno prevalso. Ma poco male, si dice che il tempo è galantuomo perché ristabilisce la verità e ripara i torti: basterà attendere per far emergere le contraddizioni e vedere ricompensati i propri sforzi.

Il consiglio si divide in tre …

All’atto di insediamento della nuova Giunta avevo precisato che Italia dei Valori avrebbe operato in modo critico, valutando con onestà intellettuale ogni atto, senza condizionamento di parte o colore politico. Nel caso di specie discutiamo dell’ultimo punto all’ordine del giorno del consiglio comunale di luglio, una mozione presentata dal PdL che chiedeva:

di rivedere il contratto del Direttore Generale al fine di ottenere un risparmio del 50% dell’importo a carico dei cittadini di Beinasco, per una figura che obbligatoriamente deve dividersi tra Beinasco e Rivalta
– che vengano modificate le condizioni contrattuali in oggetto in modo tale da ottenere equa suddivisione dei costi fra i due comuni

Su questa mozione, a mio giudizio, non c’erano le condizioni per un voto contrario (se non si voglia considerare come valida la motivazione per cui ogni atto della minoranza debba essere cassato sempre e comunque). In una contingenza socio-economica di gran crisi e difficoltà un atto simile, che impone una valutazione sulle spese comunali (il compenso spettante al Direttore è poco meno di 120.000€), è certamente positivo in quanto ad una congrua riduzione delle spese corrisponde una minore pressione fiscale sul cittadino, e quindi un maggior risparmio per lo stesso. Inoltre le condizioni amministrative contestuali sono radicalmente variate rispetto agli anni precedenti, in quanto le due amministrazioni (beinaschese e rivaltese) stanno andando in direzione di una sempre maggiore gestione associata dei servizi, il che non vuol dire necessariamente impoverimento del servizio ma condivisione delle risorse e delle unità di personale, ovvero razionalizzazione nell’uso delle stesse e quindi riduzione dei costi per le singole Amministrazioni.
In consiglio ho poi voluto ricordare di quanto immaturo sia l’atteggiamento del lamentarsi degli sprechi o degli stipendi-privilegiati solo quando si siede in minoranza (e quindi quando si è toccati in misura minore) e non si è, invece, mai dato l’esempio quando ci si trova al governo o nella maggioranza. Cota, il neo presidente regionale, nei primi giorni del suo mandato ha abbassato del 5% gli emolumenti dei suoi assessori, una manovra certamente populista e d’immagine ma domandiamoci se negli anni precedenti una cosa simile era stata fatta…

Allo stesso modo non c’erano le condizioni per un voto favorevole della mozione in quanto non ne condividevo lo spirito e la forma. Chiedere un taglio del 50% sulla base di una semplice divisione territoriale è una chiara provocazione politica da parte dell’opposizione. Non dobbiamo dimenticare che il direttore generale a Beinasco svolge una funzione non assimilabile a quella di Rivalta in cui è impegnato in misura e tempi decisamente inferiori rispetto a noi, che è una figura utile in quanto assorbe il costo di tre dirigenti che altrimenti dovremmo assumere nel caso di una sua assenza e che anche una singola manovra (ad esempio nell’ottenimento di un finanziamento regionale o europeo etc) del suo ufficio può comportare una compensazione indiretta del suo costo.

In definitiva la mozione è stata rigettata dai voti contrari del PD, favorevoli i partiti di minoranza e unica astensione quella dell’IdV che è aperta a ragionare ed approfondire con maggiore serietà il problema dimostrando ancora una volta di non essere una forza subalterna a nessuno ma di operare nell’esclusivo interesse del cittadino, usando buon senso e ragionevolezza nella scelta.

Patto di (in)Stabilità e bilancio 2010

In qualità di amministratori siamo chiamati ad assumere un atteggiamento responsabile su un assurdo normativo nei confronti del quale il soggetto competente, ovvero il legislatore, fa orecchie da mercante.

Come se non bastasse Tremonti, con l’avallo del Ministro Maroni, ha premiato per decreto i comuni virtuosi, comprendendo, a sorpresa, le due amministrazioni notoriamente in grave dissesto Palermo e Catania, che avranno un premio rispettivamente di 1.562.860 e  983.411 euro.
Clamoroso appunto che sia premiata come virtuosa una città come Catania, a cui l’Enel arrivò a tagliare la corrente elettrica per l’illuminazione pubblica.

Il problema è evidente: la ratio della norma non viene rispettata, anzi viene contraddetta dagli atteggiamenti che in concreto vengono posti in essere.

Sappiamo che ogni giorno, e in modo particolare dagli ambienti governativi, si sente parlare della c.d. politica del fare. Ci vengono rotti i timpani col refrain che il consenso popolare è tutto e tutto autorizza. Allora la domanda da porsi è se esista un limite sopra il quale il consenso vale e sotto il quale, si tratti anche di decine di migliaia di voti, tale consenso non abbia diritto di cittadinanza?
Come mai il governo può legittimamente in nome di questo principio proseguire la sua azione politica, e l’Amministrazione di Beinasco è impossibilitata a farlo?!

Siamo nella situazione in cui noi abbiamo soldi e non ci è data facoltà di spenderli!
Se a questo sommiamo i tagli drastici operati dallo Stato nell’ICI e nei trasferimenti ed il blocco dell’autonomia impositiva da parte dei Comuni mi domando quali margini di operatività abbiamo!?
Si parla di federalismo, haimè, come si parla di giustizia.
Sono chimere, concetti lontani che appartengono più al mondo della fantasia che alla realtà…

Noi invece dobbiamo dimostrare di essere amministratori responsabili.
Amministratori che hanno ricevuto un mandato dai cittadini e che intendono onorarlo rispettando gli impegni assunti.

Sappiamo tutti che gli obiettivi sono irraggiungibili se non si vuole paralizzare l’attività dell’ente;
che il Comune ha pianificato opere pubbliche (parliamo della messa in sicurezza di tutti i plessi scolastici, che incide sola per il 20% sul piano degli investimenti con i suoi 2.300.000€ destinati) il cui stralcio comporterebbe un danno, quantomeno nelle aspettative, per la Comunità.
Abbiamo poi tutta una serie di lavori avviati negli scorsi esercizi (i c.d. residui passivi) che nel corso dell’anno proseguiranno e le imprese che vi hanno lavorato, ovviamente, aspettano di essere pagate. Noi però sappiamo che per adempiere agli obblighi del PdS dovremmo sospendere detti pagamenti…ma si tratta di una cosa impossibile se non vogliamo incorrere in altre penalizzazioni (interessi, oneri bancari per il ritardato pagamento, contenziosi).

Cosa dunque è meglio? Sforare il patto per perseguire le finalità di sicurezza e programmazione o congelare l’attività comunale per mesi a causa di una norma illogica?

Resta ferma, da parte nostra, la volontà di ricercare nel corso dell’anno tutte le azioni possibili per rispettare il Patto, e ciò soprattutto se il Governo interverrà con le modifiche che l’ANCI e i Sindaci di ogni colore politico chiedono. Modifiche necessarie se non si vuole paralizzare le città e frenare lo sviluppo del nostro Paese.

Credo, infatti, che nell’attuale momento di crisi non si possa e non si debba bloccare il contributo che i Comuni possono dare con i loro investimenti. Abbiamo tutti il dovere di contribuire al risanamento dei conti pubblici, ma i sacrifici devono essere sostenibili.
Altrimenti come disse il Presidente del Consiglio, in materia di evasione delle tasse, potremo considerarci giustificati in quanto agiamo per legittima difesa.